Su un testo e una melodia di Mansueto Pedrotti (1873-1926), Arturo Benedetti Michelangeli, con il suo solito estro e la sua consolidata bravura, ha prodotto un'armonizzazione che tiene testa ad altre considerate più "impegnate".
Il protagonista è il focolare che, da sempre, è considerato il simbolo della famiglia e, per come viene descritto dall'autore, è uno di quei focolari dei quali oggi rimangono, purtroppo, solo pochi esemplari. Tutto l'ambiente è destinato a questa funzione ed è circondato da una panca di legno su tre lati; al centro arde sempre un fuoco, tenuto sempre basso per risparmiare la legna; il soffitto non è orizzontale ma, dalla sommità di ogni parete, si alza e converge, a forma di piramide, verso un punto più alto dove inizia la canna fumaria; e questo soffitto, che è poi una cappa, è tutto nero da anni di fumo.
Accanto al fuoco, o sopra di esso, si trova sempre qualche tegame nel quale bolle, lentamente "borbottando", qualcosa, forse una minestra a base di prodotti della campagna.
Tutt'attorno, seduti sulla panca, i componenti la famiglia parlano e ricordano i momenti, allegri o tristi, della loro vita e di coloro che li hanno preceduti. E c'è sempre chi tenta un canto e chi, invece, resta come ipnotizzato dalla fiamma.
Il fuoco, ad un certo momento, cala d'intensità e, allora, qualcuno pensa a ravvivarlo e ad aggiungere un ciocco provocando così il formarsi di tante faville che, simili a piccole comete, s'innalzano verso il cielo attraverso la cappa annerita dal fumo. Né manca chi coglie l'occasione di prendere una bottiglia di vino da bere in compagnia.
Ogni strofa è alternata ad un ritornello che, completamente diverso nel ritmo, tiene in sospeso gli ascoltatori perché le sue parole sembrano invocare una minestra che continua a bollire e che non è mai pronta.
Questo elemento della minestra, forse troppo poca per i numerosi membri, e, probabilmente, anche piatto unico, può ingannarci sul tipo di famiglia che, appunto per questi elementi, se valutati con metro odierno, potrebbe essere ritenuta povera. Ma se pensiamo qual era il tenore di vita, specialmente nelle campagne ed in montagna solo cinquant'anni fa, scopriamo che anche le famiglie benestanti non scialacquavano certamente e che il piatto unico di minestra era cosa abituale nei giorni feriali. Se poi consideriamo anche la bottiglia di vino, che non molti si potevano permettere, allora possiamo dedurre che il focolare ("fogher", "fogolar", "fogoler") si trova in una casa non povera.
Tratto dal Sito del Coro Marmolada di Venezia
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